Domenica 15 settembre si è conclusa la diciannovesima edizione di Babel, dedicata alla Francia e alla sua letteratura dai risvolti sociali. Babel è andato in cerca delle metamorfosi contemporanee di questa grande tradizione con un ampio lavoro di scoperta: le scrittrici e la maggior parte degli scrittori invitati non erano infatti mai stati tradotti in italiano. Una scommessa che il pubblico del festival ha mostrato di apprezzare.
Gli incontri letterari si sono aperti con Lorenzo Flabbi, Massimo Gezzi e Sara Rossi Guidicelli, ospiti di Moby Dick, e si sono chiusi con un intervento di Sandra Lucbert in dialogo con Fabio Pusterla: due parentesi di riflessione sul tema del festival che ne hanno messo in luce le problematicità. Gli scrittori e le scrittrici che si sono succeduti sul palco tra sabato e domenica, insieme alle loro traduttrici e ai loro traduttori, sembrano averci fornito una risposta concreta e corale a quella che è risultata essere la domanda centrale del festival, e cioè se una letteratura di impegno civile e politico sia veramente possibile. Perché come ha scritto Lucbert: «Sì, la letteratura si basa su operazioni formali, e sì, queste sembrano spegnersi quando entrano in contatto con il mondo sociale», dando vita a narrazioni piatte i cui unici rilievi rischiano di essere l’indignazione, le denunce e le buone intenzioni, che «non solo non sono letteratura ma non sono nemmeno politica».
Diaty Diallo e Seynabou Sonko con Annalisa Romani, Laurent Mauvignier con Yasmina Mélaouah, Elitza Gueorguieva con Lorenzo Flabbi, il fotografo Jürgen Nefzger con Luca Fiore, Gauz con Maurizia Balmelli, Clément Camar-Mercier con Pascal Janovjak hanno parlato di vita nelle banlieu e di musicalità della lingua, di prostituzione, di immigrazione e di sguardi obliqui sul reale, di società dei consumi e di società della dipendenza, di strategie narrative e di precisione nella scrittura, di sans-papier e degli effetti del colonialismo, di scempi ambientali e di bellezza, hanno trovato le parole per mondi che non ne hanno. Ma indipendentemente dai soggetti trattati, tutti ci hanno mostrato, ognuno e ognuna a suo modo, come la letteratura riesca a rimanere tale quando cerca le sue forme, le sue figure e suoi significati nell’atto stesso della creazione e, libera da costrizioni ideologiche, non rinuncia a rendere l’esperienza del mondo in tutte le sue incertezze e contraddizioni. Quando ne testimonia la complessità. Ed è forse questa, ci è parso di comprendere nei giorni del festival, la sua vera forza politica, la sua possibilità stessa di esistere.
E come sempre, oltre agli incontri letterari sul tema del festival, Babel ha dato spazio al dialogo tra le arti con il release party dell’album Alti eldoradi della band Amiata (pop musik) all’Antico Convento delle Agostiniane di Monte Carasso e con la mostra Où étais-tu? di Jürgen Nefzger presso lo Spazio 5b, all’insegnamento con quattro laboratori di traduzione letteraria, agli scrittori e alle scrittrici emergenti del Ticino con il progetto Coming Soon!, e ha festeggiato gli anniversari delle Edizioni Casagrande e della Collana ch alla Tenda Babel insieme a Alberto Saibene, Claudia Quadri, Fabio Pusterla, Maurizia Balmelli e Michael Fehr.
Purtroppo, complice anche un malaugurato problema tecnico non imputabile a Babel, durante uno degli incontri della domenica sul palco del Teatro Sociale si è verificato un episodio molto spiacevole e sgradevole quando il direttore artistico Matteo Campagnoli ha usato parole e modi nei riguardi della traduttrice Maurizia Balmelli decisamente impropri, come persona, professionista e donna, e che obiettivamente hanno potuto essere interpretati come un confronto di genere. Campagnoli si è nel frattempo scusato con la traduttrice e con il Comitato di Babel, che ha per altro attestato a Balmelli la solidarietà e la stima che le sono dovute e di cui fa qui partecipi il pubblico, i partner istituzionali e gli amici del festival. Il Comitato si augura che l’accaduto non offuschi l’immagine e la notorietà che Babel si è costruita in diciannove anni di attività e si appresta a disegnare il proprio futuro sia a livello di indirizzi culturali sia di strutture e di gestione organizzativa.